L’arte del legno

Redazionale redatto per “Arte Navale”, settembre 2014

Credenza vuole che il legno, come scrisse un “tecnico…” anni fa, marcisca, sia attaccabile da microrganismi, teredini e fungosi… e ha bisogno di continua manutenzione e difficile lavorazione. In più, come dice radio banchina, il legno deve respirare.

Partiamo dal fondo.

I valori richiesti dai registri navali per la corretta lavorazione del legno è eguale o inferiore al 12% per il LLOYD’S e il 15% per il Rina. Con questi tassi di umidità il legno acquista robustezza, la costruzione è più leggera e potrà trasportare più tonnellaggio.

E così dobbiamo mantenerlo.

Per il compensato i Registri Navali chiedono che i bordi siano protetti con massello incollato.

Il legno, con le conoscenze del passato, era protetto con minio, pittura a base piombo – velenoso per i microrganismi, ma la sua dispersione in olio non proteggeva a lungo contro l’assorbimento della umidità.

Anche i chiodi e viti, necessari per la costruzione, erano vie di entrata per l’umidità e la dinamicità della navigazione ne facilitava l’ingresso.

L’avvento della Colla Rossa (resorcino-fenolo-formaldeide) ha fatto fare passi da gigante per l’affidabilità, ma contenendo solvente (alcool) durante l’asciugatura perdeva oltre il 40% di volume ed era necessaria una grande pressione nell’incollaggio.

L’uso della resina epossidica, C-Systems 10 10 CFS (Completely Free Solvent), oltre a costituire una barriera all’umidità ha consentito di mascherare le macchie del legno e che l’incollaggio avvenga con modesta pressione e con valori per cmq che passano da 35 kg della Colla Rossa a oltre 140. L’uso degli additivi come Microfibre Naturali e Addensante n° 2 migliora anche la perfetta interfaccia, prima impensabile, dove le parti non collimano perfettamente.

La successiva protezione con 10 10 CFS e nel caso di legno verniciato a trasparente l’uso del 10 10 UV Protection, oltre a mantenere e fissare le caratteristiche ottimali del valore iniziale di umidità, tolgono alla vernice l’onere di sigillare le piccole spaccature e fissilità del legno.

In questa barca, tutta in rovere, progettata e costruita da Denis, anche le ruote di prua e poppa e l’intera chiglia sono costruite in lamellare così come la coperta prima della messa in opera dei filarotti in teak.

La fasciatura con incrocio delle fibre, per contrastare il problema della anisotropia del legno consente a parità di robustezza una riduzione di peso e meno potenza del motore per ottenere la stessa velocità. Nel caso di costruzione a vela vuol dire meno tela a riva, quindi albero più leggero, miglior rapporto col peso della deriva, manovre di dimensioni ridotte.

È come tra l’essere snelli o in soprappeso…

Anche la sentina non avrà il caratteristico colore grigio ma sarà mantenuta a trasparente con alcune mani di 10 10 CFS.

Questo consentirà che i trafilagli di olio o carburante non impregnino il legno e le eventuali infiltrazioni d’acqua saranno sempre facilmente individuabili.

Questa barca di costruzione recente, a mio avviso, è stata “pensata” in legno e 10 10 CFS. Con un 27 kw di potenza usufruendone meno di 10, a velocità di carena, ad oltre 6 nodi si ha un consumo orario che non arriva a un litro. Il rumore del motore è appena un sussurro, il ronfare di un gatto.

La finitura col ciclo Nautilus consente una ridottissima manutenzione nel tempo con tutti i vantaggi delle caratteristiche meccaniche del legno.