Come riparare il timone

Redazionale scritto per Arte Navale n°81 – aprile/maggio 2014

Bolina stretta, avanti a tutta forza e… colpi di timone per salire sull’onda e partire in surf.

Intervenire sul timone è un lavoro che si cerca di rimandare. Non è un intervento di normale routine. I timoni non sono facilmente “indagabili” con i rilevatori di umidità, perché la struttura di ferro manda in tilt lo strumento. Bisogna interpolare tra i numeri.

In questo caso, Mirco, è stato drastico. Non trovava soluzione e consolazione a vederlo gocciolare per giorni e giorni ad ogni alaggio. Stucca qui, stucca là, ma il problema restava, tornava puntuale.

Lunghi colloqui telefonici e poi la prima finestrella, a seguire la seconda e con questo accesso rimozione completa di tutta la schiuma poliuretanica.

Marcia e piena di acqua come una spugna.

Nessuna struttura, né cellule chiuse tanto decantate.

Il timone mostra lo strato sottile della laminazione; l’ossatura interna d’acciaio è ancora integra, seppure in parte sganciata dall’involucro esterno. Gli stucchi a base poliestere, seppure fibrati, ritirano, contengono solvente!

Lavaggio generoso con acqua. Solo acqua per la rimozione completa dei residui e per sbloccare ogni accumulo raccolto di decomposizione del poliestere.

Niente meglio dell’acqua!

La struttura ora appare asciutta e trasparente. Lo skeg di due parti, di cui quella alta è proseguimento dello scafo, è allineata con due perni a metà struttura prima di essere laminata per dare integrità. Lì si è scavato per il controllo e ricostruita la parte mancante con 10 10 CFS e Microfibre Minerali prima di laminare nuovamente con vetro e carbonio unidirezionale.

Sempre con 10 10 CFS e Microfibre Minerali viene formato un impasto simile a una marmellata densa che dopo avere spennellato le parti interessate, con il solo 10 10 CFS, viene introdotto attraverso le “tasche” del timone, in modo da creare un rinforzo e per fare una corretta presa degli appoggi interni di acciaio come nella parte da ricostruire dove è fissato con viti il calcagnolo.

Il PVC a cellula chiusa, tagliato in strisce, è stato zeppato all’interno della struttura.

Poi è stato versato il Core Bond, che è andato a baciare tutte le parti formando una continuità strutturale tra l’acciaio, le strisce di PVC e la parte interna del timone.

Il timone, pur non considerando l’ossatura interna di acciaio, è diventato un “osso di seppia” leggero, monolitico con un peso medio di circa 0,5 – 0,6 kg per litro.

Le tasche hanno permesso di fare il lavoro e controllare il riempimento in due fasi: la prima fino a metà timone e la seconda, dall’alto, a saturazione completa.

Le fasce di rinforzo in biassiale (il mat avrebbe appesantito inutilmente) hanno minore spessore e più forza.

Ora Mirco, è soddisfatto e nei prossimi anni avrà la certezza del buon lavoro fatto.